Il termine “fistola” sta ad indicare un tramite che mette in comunicazione due porzioni del corpo umano. Quasi tutte le fistole anali derivano dal drenaggio esterno di ascessi perianali, precedenti o attuali, i quali a loro volta derivano dall’infiammazione di una ghiandola criptica del canale anale.
Il piccolo tunnel che si forma connette le ghiandole criptiche anali, dalle quali l’ascesso origina, per poi raggiungere la cute della regione perianale.
Il sintomo principale di entrambe le condizioni patologiche (ascesso e fistola) è il dolore costante, che talvolta può essere accompagnato da una sensazione di gonfiore perianale, ma senza essere necessariamente correlato con gli atti defecatori.
Altri segni clinici includono l’irritazione della cute intorno all’ano, la continua secrezione purulenta e maleodorante dal foro esterno, febbre e stato di debolezza generale. Solitamente i pazienti riferiscono di aver trovato sporca la propria biancheria intima. Se l’orifizio esterno del tunnel si dovesse chiudere per qualsiasi ragione (guarigione apparente), ricomparirebbero febbre e dolore e, sicuramente, l’ascesso potrebbe riformarsi verso altre direzioni dopo giorni, mesi o anche anni.
L’ascesso viene trattato drenando il pus dalla cavità infetta mediante un’incisione cutanea, che favorisce la fuoriuscita del materiale purulento. Normalmente viene effettuato, ambulatorialmente, in anestesia locale.
Per curare una fistola perianale è, invece, necessario un intervento chirurgico (eseguito in anestesia locale o generale), che prevede, previa identificazione del foro esterno e di quello interno, il sezionamento di una piccola porzione dello sfintere anale in modo da poter aprire il tramite fistoloso.
In questa maniera il tunnel viene aperto e la fistola viene messa a piatto dall’apertura esterna a quella interna. Dopo questo tipo di intervento la convalescenza a casa è d’obbligo ed è molto importante seguire alcune norme igienico-alimentari, quali: una dieta ricca di fibre ed effettuare semicupi tiepidi più volte al giorno. Gli atti defecatori non influenzano la risoluzione della malattia.
Le recidive, dovute per lo più alla presenza di un doppio orifizio fistoloso interno non riconosciuto durante il primo intervento, sono in genere trattate con la medesima tecnica.