INCONTINENZA FECALE

L’incontinenza fecale rappresenta il disturbo più grave della defecazione, nonché quello che provoca maggiori disagi, in quanto determina una forte limitazione di tutte le attività individuali (lavorative, ricreative e relazionali), con conseguente depressione e perdita dell’autostima da parte del paziente.

Per prima cosa, occorre distinguere l’incontinenza fecale vera e propria da quelle forme di pseudo-incontinenza, caratterizzate da senso di umidità anale con secrezioni muco-purulente anali o perianali, che possono essere segno di cattiva igiene locale o di altre patologie anorettali (malattia emorroidaria, malattia infettiva, prolasso rettale, fistola perianale).
Le cause dell’incontinenza fecale sono da ricercare in un’alterazione della consistenza delle feci, alterazioni morfologiche e neuromuscolari del pavimento pelvico e/o dell’apparato sfinteriale, causate da traumi chirurgici o ostetrici, oppure da lesioni del sistema nervoso centrale.
Questo disturbo può essere parziale o totale e la sua gravità ne determina la presentazione clinica.

L’incontinenza fecale idiopatica o neurogenica è, invece, tipica dell’età senile, delle donne pluripare e dei soggetti affetti da stipsi cronica.

Al fine di poter ottenere una diagnosi corretta ed un adeguato trattamento, è fondamentale effettuare l’anamnesi con una giusta valutazione del paziente: precedenti chirurgici, ostetrici, abitudini dell’alvo, età d’insorgenza del disturbo.

L’iter diagnostico comprende la visita proctologica, alcuni test funzionali, come la manometria anorettale e la defecografia, nonché la visita neurologica.

La terapia medica viene preferita in tutti quei casi di incontinenza parziale, in cui è sufficiente ristabilire le corrette abitudini dell’alvo. Recentemente, è stata introdotta una nuova metodica che trova un utile impiego nelle forme di incontinenza parziale con ridotta sensibilità rettale, ma con attività sfinteriale ancora presente: il biofeedback. Attraverso stimoli sonori e visivi della propria attività sfinteriale e sensibilità rettale, il paziente impara a riconoscere, correggere e prevenire le alterazioni fisiologiche alla base della patologia con conseguente loro riduzione o eliminazione.
In particolare, questo trattamento psicofisiologico ha tre scopi fondamentali: aumentare la sensibilità alla distensione rettale, incrementare l’attività sfinteriale, recuperare e/o migliorare la coordinazione tra la sensazione della distensione rettale e la contrazione sfinteriale.

La terapia chirurgica è riservata alle forme di incontinenza più gravi. La scelta fra le varie tecniche (sfinteroplastica, impianto di neuromodulatori sacrali o di sfinteri artificiali, graciloplastica elettrostimolata o dinamica) dipende dai singoli casi.

Prof. Paolo Barillari

Specialista in chirurgia generale / robotica